Particolare Disciplina del Contratto di Lavoro a Termine

Post by Avv. Nicola Ferrante
on 29 Dicembre 2015

Computo:

E’ noto come il computo dell’organico aziendale rilevi per l’applicazione di specifiche discipline, di fonte legale o contrattuale. A seguito dell’intervento della legge europea 2013 (art. 12, l. n.. 97/2013) è cambiato il criterio di computo dei lavoratori a tempo determinato, sanando in tal modo una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia. Pertanto, non è più richiesto che i lavoratori a termine abbiano un contratto superiore a 9 mesi per essere computati nell’organico aziendale, ma il computo si baserà sul loro numero medio mensile, compresi i dirigenti, negli ultimi due anni, sulla base dell’effettiva durata dei loro rapporti di lavoro.

Informazioni:

I contratti collettivi sono delle fonti privilegiate per la definizione del diritto di informazione in favore dei lavoratori a termine, e in favore delle rappresentanze sindacali aziendali. In particolare tali contratti definiscono le modalità per le informazioni sui posti vacanti che si rendessero disponibili nell’impresa, nonché definiscono le modalità per le informazioni in favore delle rsa (rappresentanze sindacali aziendali) o rsu (rappresentanze sindacali unitarie) relative al lavoro a tempo determinato in azienda.

Esclusioni e discipline specifiche:

Sono espressamente esclusi dalla disciplina del D.lgs. n. 81/2015.- in quanto già disciplinati da specifiche normative – i contratti:

a) stipulati coi lavoratori in mobilità per una durata non superiore a dodici mesi;

b) i rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell'agricoltura e gli operai a tempo determinato, cosi' come definiti dall'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375;

c) i richiami in servizio del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Sono inoltre esclusi dal campo di applicazione della disciplina indicata dal D.lgs. n. 81/2015, alla quale si fa riferimento il contenuto di queste pagine:

a) i contratti di lavoro a tempo determinato con i dirigenti, che non possono avere una durata superiore a cinque anni, salvo il diritto del dirigente di recedere a norma dell'articolo 2118 del codice civile una volta trascorso un triennio;

b) i rapporti per l'esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a tre giorni, nel settore del turismo e dei pubblici esercizi, nei casi individuati dai contratti collettivi, fermo l'obbligo di comunicare l'instaurazione del rapporto di lavoro entro il giorno antecedente;

c) i contratti a tempo determinato stipulati con il personale docente ed ATA per il conferimento delle supplenze e con il personale sanitario, anche dirigente, del Servizio sanitario nazionale;

d) i contratti a tempo determinato stipulati ai sensi della legge 30 dicembre 2010, n. 240. Per personale artistico e tecnico delle fondazioni di produzione musicale di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, non si applicano alcune disposizioni su durata, progroghe e rinnovi (si si riferisce in particolare all'articolo 19, commi da 1 a 3, e 21).

Per i dirigenti si applicano soltanto le disposizioni sulla parità di trattamento e sulla computabilità nell’organico dell’impresa.

I limiti percentuali previsti per la stipulazione del contratto a termine non si applicano nei contratti tra istituti di ricerca pubblici o privati e lavoratori che svolgano in via esclusiva attività di ricerca. Tali limiti percentuali, come espressi dalla normativa o dai contratti collettivi nazionali, non si applicato comunque nella fase di avvio di nuove attività per i periodi definiti dai contratti collettivi nazionali; per ragioni di carattere sostitutivo o di stagionalità; per specifici spettacoli o specifici programmi radiofonici o televisivi; con lavoratori di età superiore a 55 anni.
Per quanto riguarda il pubblico impiego, la disciplina si trova nell´art. 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001

Specificazione sul versante sanzionatorio:

Nelle ipotesi previste dalla legge, e già analizzate in questo sito, è possibile la conversione del contratto a termine illegittimo in contratto a tempo indeterminato. Non è più, d’altra parte, possibile ottenere l’integrale risarcimento del danno subito dal lavoratore come conseguenza dell’apposizione illegittima del termine. Pertanto, per quanto riguarda il risarcimento, il datore di lavoro sarà tenuto a riconoscere un’indennità onnicomprensiva compresa tra le 2,5 alle 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Tale indennità coprirebbe per intero il pregiudizio subito dal lavoratore.

Nel caso di contratti collettivi che prevedano l'assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori giá occupati con contratto a termine nell'ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell'indennitá fissata dal comma 2 é ridotto alla metá.

In questa sezione potete trovare gli articoli sul contratto di lavoro a termine, sui limiti alla stipulazione del contratto, sulla disciplina del contratto di lavoro a termine e su specifiche caratteristiche del contratto.

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Nota: si precisa che gli articoli presenti su questo sito sono da considerarsi come un riassunto, a mero titolo informativo, della più ampia disciplina dei contratti di lavoro. Lo studio non si assume nessuna responsabilità per l’uso di tali informazioni. Gli articoli sono protetti dalla legge sul diritto d’autore.

Riassunzione Prosecuzione del Contratto e Diritti dei Lavoratori nel Contratto di Lavoro a Termine

Post by Avv. Nicola Ferrante
on 29 Dicembre 2015

Il rapporto a termine può continuare oltre la scadenza del contratto, inizialmente concordata fra le parti (o successivamente prorogata). Entro certi limiti, tale continuazione dà luogo ad un diritto ad una maggiorazione retributiva in favore del lavoratore. In particolare, il datore di lavoro ha l’obbligo di versare una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al venti per cento fino al decimo giorno successivo, al quaranta per cento per ciascun giorno ulteriore. Se il rapporto di lavoro continua oltre il trentesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi, ovvero oltre il cinquantesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini.

Nel momento in cui il contratto a termine scade, è possibile che intercorra una proroga del contratto, con l’accordo delle parti e nei limiti menzionati dalla legge.

E’ inoltre possibile che il lavoratore venga riassunto a termine, ma è necessario rispettare dei precisi termini, infatti se la riassunzione avviene entro un periodo di dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato. Quando si tratta di due assunzioni successive a termine, intendendosi per tali quelle effettuate senza alcuna soluzione di continuità, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto. Tali disposizioni sulla riassunzione non trovano applicazione nei confronti dei lavoratori impiegati nelle attività stagionali indicate dalla legge, nonché in relazione alle ipotesi individuate dai contratti collettivi, anche aziendali, senza peró specificare, come invece era indicato nella precedente disciplina, la necessitá che essi vengano stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Per quanto riguarda le condizioni del contratto a termine, la legge stabilisce che il trattamento economico-normativo del lavoratore a tempo determinato debba rispettare il principio di parità di trattamento fra lavoratori a termine e lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato. In particolare, la legge stabilisce che al lavoratore a termine spetti il trattamento economico e normativo in atto nell´impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili, intendendosi per tali qulli inquadrati nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dalla contrattazione collettiva, ed in proporzione al periodo lavorativo prestato sempre che non sia obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a termine. In caso di violazione di queste disposizioni, il datore é punito al pagamento di una sanzione amministrativa di importo da 25,82 a 154,94 euro. Tale sanzione diviene da 154,94 a 1.032,91 euro nel caso in cui la violazione si riferisca a piú di cinque lavoratori.

Per quanto riguarda gli aspetti formativi, i contratti collettivi (non piú solo “nazionali”) possono prevedere modalità e strumenti diretti ad agevolare l'accesso dei lavoratori a tempo determinato ad opportunità di formazione adeguata, per aumentarne la qualificazione, promuoverne la carriera e migliorarne la mobilità occupazionale. E’ pur vero, d’altra parte, che la legge non prevede delle sanzioni specifiche in caso di violazione di tali obblighi, seppur non possa escludersi un’azione in tal senso.

Il D.lgs. n. 81/2015 stabilisce inoltre un diritto di precedenza in favore del lavoratore a termine rispetto alle nuove assunzioni. Tale diritto è stabilito sia in favore di tutti i lavoratori a termine, non solo dei lavoratori stagionali.

Per esercitare tale diritto è necessario che il lavoratore abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi, fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi. Il diritto di precedenza si riferisce alle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine. Il periodo relativo al congedo di maternità, intervenuto nell'esecuzione di un contratto a termine presso la stessa azienda, concorre a determinare il periodo di attività lavorativa utile a conseguire il diritto di precedenza per le lavoratrici. Con le stesse modalità è riconosciuto alle medesime lavoratrici il diritto di precedenza anche nelle assunzioni a tempo determinato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi, con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei precedenti rapporti a termine.

Il lavoratore assunto a termine per lo svolgimento di attività stagionali ha diritto di precedenza, rispetto a nuove assunzioni a termine da parte dello stesso datore di lavoro per le medesime attività stagionali.

In tutti i casi, per esercitare il predetto diritto di precedenza è necessario che il lavoratore manifesti in tal senso la propria volontà al datore di lavoro entro rispettivamente sei mesi (se il contratto a termine ha durata di almeno sei mesi) e tre mesi (in caso di attività stagionali) dalla data di cessazione del rapporto stesso e si estingue entro un anno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro. Il diritto di precedenza deve essere espressamente richiamato nel contratto a termine.

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Il Contratto di Lavoro a Termine

Post by Avv. Nicola Ferrante
on 29 Dicembre 2015

Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro. D’altra parte il nostro ordinamento permette la stipulazione del contratto a termine o a tempo determinato. Questa forma di contratto ha subito, soprattutto negli ultimi anni, molte modifiche nella propria disciplina.

Per poter stipulare un contratto era a termine necessario, in passato, attenersi a dei casi specifici previsti dalla legge secondo un’elencazione tassativa (l. n. 230/’62). Successivamente tali ipotesi sono andate ad allargarsi, anche mediante l’intervento della contrattazione collettiva (l. n. 56/’87). Ad oggi possiamo dire che è intervenuta una liberalizzazione di tale contratto, nel senso che non sono più richieste né ipotesi specifiche né causali per la sua stipulazione (d.lgs. 368/2001, di attuazione della direttiva europea 1999/70; introduzione del c.d. “causalone” mediante d.l. n. 112/2008, conv. in l. n. 133/2008; apertura alle ipotesi a-causali con la l. n. 92/2012; completa apertura con l. n. 78/2014; conferma di apertura dal D.lgs. n. 81/2015).

In particolare, dal 2014 col c.d. decreto Poletti (D.L. 20 marzo 2014, n. 34, convertito con modificazioni, in Legge 16 maggio 2014, n. 78) – e cosí anche in forza del D.lgs. n. 81/2015, è possibile stipulare un contratto a tempo determinato con un unico limite: il numero complessivo di contratti a tempo determinato stipulati da ciascun datore di lavoro non può eccedere il limite del 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1º gennaio dell'anno di assunzione. Per i datori di lavoro che occupano fino a cinque dipendenti è sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato. Il limite del 20 per cento può essere derogato dai contratti collettivi (il D.gls. del toglie la specificazione di contratti collettivi “nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi”, ampliando pertanto la possibilitá di deroga). La violazione del predetto limite, senza che sia intervenuta una deroga, comporta l’applicazione di sanzioni amministrative senza che il contratto possa trasformarsi in tempo indeterminato.

Il termine può essere inserito in un contratto fra un datore di lavoro e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto a tempo determinato, sia nell'ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato.

E’ inoltre il caso di ricordare che il contratto a termine deve avere una durata complessiva massima di 36 mesi, comprensiva di eventuali proroghe. E´comunque possibile stipulare un ulteriore contatto a termine, per una durata massima di 12 mesi, presso a Direzione Territoriale del lavoro competente per territorio. Nel caso di mancato rispetto della procedura, nonché di superamento del limite, il contratto si trasforma in tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto. Come meglio spiegheremo, in tal modo il D.lgs. n. 81/2015 elimina la procedura sindacale prevista dalla precedente normativa.

L’apposizione del termine deve risultare da atto scritto, altrimenti l´apposizione del termine é priva di effetto.

Il datore di lavoro deve consegnare copia dell'atto scritto al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall'inizio della prestazione. Non è richiesto l’atto scritto solo quando la durata del rapporto di lavoro, puramente occasionale, non sia superiore a dodici giorni.

Esistono dei casi in cui il contratto a termine non può essere stipulato, ossia: 1) per sostituire lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; 2) nel caso in cui, nei sei mesi precedenti, l’azienda abbia proceduto a licenziare lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo talune ipotesi specifiche; 3) nelle aziende ove sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a termine; (4) da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi.

Nel caso di violazione di tali divieti, in contratto si trasforma in tempo indeterminato.

Il lavoratore che abbia già prestato lavoro a termine presso un datore di lavoro ha un diritto di precedenza – alle condizioni stabilite dalla legge - nelle assunzioni a tempo indeterminato con riferimento alle mansioni già espletate.

Il contratto a termine può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. In questi casi le proroghe sono ammesse, fino ad un massimo di cinque volte, nell'arco dei complessivi trentasei mesi, indipendentemente dal numero dei rinnovi, (viene tolto il precedente riferimento normativo “a condizione che si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato”). Qualora il numero di proroghe superi il numero ammesso, il contratto si trasforma in tempo indeterminato a partire dalla sesta proroga.

Al di fuori del caso della proroga, che di fatto si riferisce allo stesso contratto di lavoro, è possibile stipulare più contratti a termine con lo stesso lavoratore. Dalla scadenza alla nuova assunzione è però necessario rispettare dei termini per non incorrere nella trasformazione del contratto in tempo indeterminato.

Se il rapporto di lavoro a tempo determinato continua dopo la scadenza del termine, il datore di lavoro sarà tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto. Se la continuazione del contratto dopo la scadenza del termine prosegue oltre un periodo di tempo stabilito dalla legge, il contratto si considera a tempo indeterminato.

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Limiti alla Stipulazione del Contratto di Lavoro a Termine

Post by Avv. Nicola Ferrante
on 29 Dicembre 2015

A seguito dell’entrata in vigore del c.d. Decreto Poletti (D.L. 20 marzo 2014, n. 34, convertito con modificazioni, in Legge 16 maggio 2014, n. 78) è possibile stipulare un contratto a termine c.d. a-causale, cioè senza necessità che ricorrano ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive. Questo schema é confluito nel D.lgs. n. 81/2015. Rimangono comunque dei limiti da dover rispettare.

Innanzitutto il numero complessivo di contratti a tempo determinato stipulati da ciascun datore di lavoro non può eccedere il limite del 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1º gennaio dell'anno di assunzione. Per i datori di lavoro che occupano fino a cinque dipendenti è sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato. Il limite del 20 per cento può essere derogato dai contratti collettivi (l´attuale normativa abroga la specificazione di contratti collettivi “nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi”).

L’individuazione, anche in misura non uniforme, di limiti quantitativi di utilizzazione del contratto a termine, è affidata ai contratti collettivi (non piú necessariamente “nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi”). Sono in ogni caso esenti da limitazioni quantitative i contratti a tempo determinato conclusi: a) nella fase di avvio di nuove attività per i periodi che saranno definiti dai contratti collettivi (in precedenza solo “nazionali di lavoro”, oggi invece comprensivi di ogni tipologia di contratto collettivo) anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e/o comparti merceologici; b) per ragioni di carattere sostitutivo, o di stagionalità; c) per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi; d) con lavoratori di età superiore a 50 anni (viene pertanto ridotto il limite di etá da 55 a 50, ampliando la portata delle esenzioni).

La violazione del limite quantitativo, senza che sia intervenuta una deroga, comporta l’applicazione di sanzioni amministrative. In particolare, si applica la sanzione amministrativa: a) pari al 20 per cento della retribuzione, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale non sia superiore a uno; b) pari al 50 per cento della retribuzione, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale sia superiore a uno.

Oltre alla necessità di stipulare il contratto a termine in forma scritta e oltre ai casi in cui è vietato stipulare tale contratto (es. per sostituire i lavoratori in sciopero, in mancanza di documento di valutazione dei rischi, ecc.), il contratto a tempo determinato non deve avere una durata complessiva superiore a 36 mesi, comprensiva di eventuali proroghe, a meno che non intervenga un ulteriore contratto stipulato presso la Direzione Territoriale del Lavoro, per una durata massima di 12 mesi. In caso di mancato rispetto dell´attuale procedura, nonché nel caso di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, il nuovo contratto si considera a tempo indeterminato. Da notare la modifica della disciplina su questo aspetto. Nella precedente disciplina, infatti, l´ulteriore e successivo contratto poteva essere stipulato per una sola volta, a condizione che la stipula avvenisse presso la Dpl (Direzione Provinciale del Lavoro) competente per territorio e con l'assistenza del sindacato cui il lavoratore fosse iscritto o conferisse mandato. Le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale stabilivano con avvisi comuni la durata del predetto ulteriore contratto.

Il datore di lavoro deve rispettare ulteriori limiti quando decida di stipulare più contratti a termine con lo stesso lavoratore (c.d. successione di contratti a termine). Questo caso è diverso rispetto alla proroga dello stesso contratto, che può aversi per 5 volte, nell’arco di 36 mesi complessivi, col consenso del lavoratore. Invece, il datore di lavoro che concluda più contratti con lo stesso lavoratore deve lasciar intercorrere dei periodi specifici di tempo tra un contratto e l’altro. In particolare, nel caso in cui il contratto determinato abbia durata inferiore a 6 mesi, allora è necessario che tra questo e la stipulazione del contratto successivo intercorrano almeno 10 giorni, oppure 20 giorni se il contratto abbia durata superiore a 6 mesi. Nel caso in cui questi periodi non vengano rispettati, allora scatta una c.d. presunzione assoluta di legge, e pertanto il contratto si intende a tempo indeterminato. Anche nel caso della successione di contratti per lo svolgimento di mansioni equivalenti, se il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi (comprensivi di proroghe e rinnovi), indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l'altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato. E’ comunque possibile, come sopra ricordato, la stipulazione, in sede di Dpl, di un ulteriore successivo contratto a termine fra gli stessi soggetti per una sola volta, alle condizioni già illustrate.

Per conteggiare il limite dei 36 mesi si tiene altresì conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni di pari livello e categoria legale, svolti fra i medesimi soggetti, inerente alla somministrazione di lavoro a tempo determinato.

Tali disposizioni non trovano applicazione nel caso di attività stagionali, nonché di quelle individuate dai contratti collettivi (contratti collettivi in senso ampio, e non piú limitatamente a quelli nazionali stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative, come invece stabiliva la precedente normativa).

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