Divieti, Ambiti di Applicazioni, Divieto di Discriminazione nel Contratto di Lavoro Intermittente o a Chiamata

Post by Avv. Nicola Ferrante
on 29 Dicembre 2015

La disciplina indicata dal D.lgs. n. 81/2015 per il lavoro intermittente non si applica ai rapporto di lavoro alle dipendente delle pubbliche amministrazioni.

La stipulazione del lavoro intermittente é vietata per sostituire lavoratori in sciopero, nel caso in cui il datore non abbia effettuato la valutazione dei rischi richiesta quale adempimento dalla normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, nonché nelle unitá produttive ove si sia proceduto, nei sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi (secondo gli articoli 4 e 24 della l. n. 22/1991) o nelle unitá produttive ove sia operante una sospensione del lavoro o riduzione dell´orario a seguito di ricorso della cassa integrazione guadagni, in entrambi i casi per mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente.

Il lavoratore intermittente ha diritto, per i periodi lavorati e a paritá di mansioni svolte, ad un trattamento economico e normativo che non dev´essere complessivamente meno favorevole al lavoratore di pari livello.

Il trattamento economico, normativo e previdenziale del lavoratore intermittente é riproporzionato in ragione della prestazione effettivamente eseguita. Ció in particolare per quanto concerne l´importo e le componenti della retribuzione globale, nonché relativamente alle ferie e ai trattamenti per malattia e infortunio, congedo di maternitá e parentale.

Per quanto riguarda l´applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale per la quale sia rilevante il computo dei lavoratori – come ad esempio la disciplina sul licenziamento o relativa all´assunzione dei lavoratori iscritti alle categorie protette – il lavoratore intermittente é computato nell´organico dell´impresa in proporzione all´orario di lavoro effettivamente svolto nell´arco di ciascun semestre.

In questa sezione potete trovare gli articoli sul contratto di lavoro intermittente o a chiamata, sulla forma, comunicazione e limiti del contratto di lavoro intermittente, sugli ambiti di applicazione del contratto di lavoro intermittente o a chiamata.

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Nota: si precisa che gli articoli presenti su questo sito sono da considerarsi come un riassunto, a mero titolo informativo, della più ampia disciplina dei contratti di lavoro. Lo studio non si assume nessuna responsabilità per l’uso di tali informazioni. Gli articoli sono protetti dalla legge sul diritto d’autore.

Forma, Comunicazioni e Limiti di Utilizzo del Contratto di Lavoro Intermittente o a Chiamata

Post by Avv. Nicola Ferrante
on 29 Dicembre 2015

Il contratto di lavoro intermittente è stipulato in forma scritta ai fini della prova di elementi espressamente previsti dalla legge. Innanzitutto attraverso la forma scritta si dà prova della durata e delle ipotesi, oggettive o soggettive, che consentono la stipulazione del contratto, come l’età del lavoratore o le esigenze individuate dai contratti collettivi o indicando i periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno, e i limiti massimi di stipulazione.

Il contratto scritto prova anche il luogo e la modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore che in ogni caso non può essere inferiore a un giorno lavorativo.

Nel contratto, sempre ai fini della prova, è indicato il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e la relativa indennità di disponibilità, ove prevista. E’ solo il caso di dire, rispetto all’indennità di disponibilità (di cui già abbiamo dato conto nel link principale) che essa è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo e che i contributi ad essa relativa sono versati per il loro effettivo ammontare, “anche in deroga alla vigente normativa in materia di minimale contributivo”.

Il contratto scritto, ai fini della prova, indica le forme e le modalità con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l'esecuzione della prestazione di lavoro, nonché le modalità di rilevazione della prestazione; i tempi e le modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità; le misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.

In tutte le realtà aziendali ove siano costituiti i rappresentanti sindacali aziendali o unitari, il datore deve prestare agli stessi le informazioni relative all’andamento del ricorso al contratto di lavoro intermittente: tali informazioni devono essere fornite con cadenza almeno annuale, a meno che i contratti collettivi non dispongano condizioni più favorevoli.

La legge Monti Fornero – l. n. 92/2012- ha introdotto un obbligo di comunicazione della durata delle prestazioni del contratto intermittente, confermato dal D.lgs. n. 81/2015: prima dell'inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a trenta giorni, il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata con modalità semplificate alla Direzione territoriale del lavoro competente per territorio, mediante sms, posta elettronica, o con le eventuali ulteriori modalità determinate con decreto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché altre modalità di comunicazione in funzione dello sviluppo delle tecnologie.

La circolare min. lav. n. 18/2012 specifica come sia necessario indicare i dati relativi al lavoratore nonché il giorno o i giorni in cui lo stesso è occupato nell’ambito di un periodo non superiore ai trenta giorni dalla comunicazione, senza che sia necessario indicare l’orario in cui il lavoratore sarà impiegato nell’ambito della stessa giornata.

Il d.l. n. 76/2013 ha tentato di attenuare l’incisività della comunicazione obbligatoria relativa alla durata del contratto attraverso la disapplicazione della sanzione amministrativa che interviene nel caso di violazione degli obblighi predetti di comunicazione preventiva. In realtà, tale disposizione è stata poi abrogata dalla legge di conversione n. 99/2013. Pertanto, rimane stabilito come, in caso di violazione di tale comunicazione, si applica la sanzione amministrativa da euro 400 ad euro 2.400 per ciascun lavoratore rispetto al quale si sia omessa la comunicazione stessa. Ció viene confermato dall´attuale D.lgs. n. 81/2015.

Quanto all’utilizzo del contratto di lavoro a chiamata, il legislatore ha introdotto un tetto massimo per contenerne il ricorso, stabilendo che il lavoro effettivo prestato in forza di tale tipologia di contratto di lavoro non può eccedere le 400 giornate nell’arco di tre anni solari presso lo stesso datore di lavoro, superate le quali “il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato” (art. 13, c. 3, D.lgs. n. 81/2015). Non sottostanno a tale limite i contratti stipulati del settore turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo. 

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Il Contratto di Lavoro Intermittente o a Chiamata

Post by Avv. Nicola Ferrante
on 29 Dicembre 2015

Il lavoro intermittente è una fattispecie contrattuale introdotta dal D.lgs. n. 276/2003 e poi parzialmente modificata – nella sua disciplina – dal D.gls. n. 81/2015, che può essere stipulato a termine o a tempo indeterminato.

La particolarità di questo contratto è che si tratta di un contratto “senza alcun orario di lavoro” (D. Gottardi, F. Guarriello, Manuale di diritto del lavoro, Torino 2014, p. 193) attraverso il quale il lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro per rispondere all’eventuale chiamata al lavoro. La messa a disposizione, da parte del lavoratore, può essere piena ed obbligatoria, oppure parziale e non obbligatoria.

Nel primo caso, il lavoratore si obbliga contrattualmente a rispondere alla chiamata del datore di lavoro. Questo suo impegno è remunerato attraverso un’indennità di disponibilità mensile, divisibile in quote orarie. Il quantum dell’indennità è definito dalla contrattazione collettiva e comunque non può essere inferiore a quello stabilito mediante decreto del ministro del lavoro. A tale proposito il d.m. 10 marzo 2004 ha fissato tale misura nel 20% della retribuzione prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato. “In caso di malattia o di altro evento che renda temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata” (art. 16 c. 4, D.lgs. n. 81/2015) e il lavoratore deve comunicare tempestivamente al datore di lavoro del suo impedimento, specificandone la durata. Se il lavoratore non ottempera a tale comunicazione tempestiva, perde il diritto all’indennità di disponibilità per un periodo di quindici giorni, salvo diversamente pattuito nel contratto individuale. E’ infine il caso di ricordare che, nel momento in cui il lavoratore si obbliga contrattualmente a rispondere alla chiamata, acquisendo pertanto il diritto all’indennità di disponibilità, un suo eventuale rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può costituire motivo di licenziamento e la restituzione dell’indennità successiva al rifiuto. E´rilevante notare come il D.lgs. 81/2015 abbia eliminato la possibilitá per il datore, nel caso di rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata, di richiedere al lavoratore un “congruo risarcimento del danno” indicato dai contratti collettivi oppure, nel caso essi nulla dispongano, dal contratto di lavoro individuale.

Nel caso di disponibilità, da parte del lavoratore, a rispondere alla chiamata in maniera non obbligatoria, non è dovuta alcuna indennità nel periodo di attesa della chiamata e il lavoratore non matura alcun trattamento economico e normativo. Cioè a dire che il lavoratore dovrà essere remunerato esclusivamente nel caso di prestazioni effettivamente rese a seguito di chiamata.
E’ interessante notare come il legislatore abbia dimostrato un atteggiamento ambivalente nei confronti del contratto di lavoro intermittente, abrogandolo nel 2007 (mediante l’art. 1, c. 45 l. 247/2007), per poi reintrodurlo nel 2008 (art- 39, c. 11. D.L. 25 giugno 2008, n. 112, conv. con mod. in l. n. 133/2008), in parte emendandolo dalla riforma Monti Fornero (l. n. 92/2012) e poi dal D.lgs. n. 81/2015.

Il contratto di lavoro intermittente ha ad oggetto lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente.

La stipulazione di tale tipologia contrattuale è possibile in casi determinati.

Innanzitutto, è possibile stipulare un contratto di lavoro a chiamata rispettando dei limiti di età in capo al lavoratore: il prestatore di lavoro, infatti, deve avere un’età superiore ai 55 anni o inferiore ai 24.

E’ inoltre possibile l’utilizzo di questa fattispecie contrattuale nel caso di esigenze individuate dai contratti collettivi (il D.lgs. n. 81/2015 toglie il riferimento ai contratti collettivi “stipulati da associazioni dei datori e sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale o territoriale”) ovvero anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno. A quest’ultimo proposito, la legge Monti Fornero ha soppresso il riferimento al fine settimana, ferie vacanze natalizie e pasquali, lasciando il periodo di riferimento indeterminato. Ció é mantenuto dall´attuale disciplina.

Per quanto concerne, invece, le ipotesi individuate dalla contrattazione collettiva, è il caso di sottolineare come tale possibilità sia stata di rado colta dai contratti collettivi, a testimonianza di una rigidità sindacale rispetto a tale forma contrattuale. L’art. 40 del D.lgs. 276/2003 permetteva pertanto – in via provvisoria – che sia un decreto ad individuare i casi di ammissibilità del ricorso al lavoro a chiamata: si tratta in particolare del decreto del ministro del lavoro 23 ottobre 2004. Ció é mantenuto dal D.lgs. n. 81/2015, che stabilisce che in mancanza di contratto collettivo, i casi di utilizzo sono individuati con decreto dal ministero del lavoro e politiche sociali.

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