A Cura dello Studio Legale Ferrante e Associati
Consulenza legale per la redazione di contratti di mediazione d'affari
Nella mediazione, si configurano tanti contratti quante sono le parti che il mediatore mette in contatto (tra il mediatore e ciascuna di esse). Per aversi mediazione non è necessario un incarico, basta non rifiutare l’attività del mediatore (che potrebbe offrirsi di propria iniziativa) da cui deriva la conclusione dell’affare, anche se nella prassi si tende a far firmare alle parti un accordo. Spesso l’incarico di mediazione risulta infatti da moduli e formulari che il mediatore predispone per tutelarsi dal rischio di lavorare “a vuoto”; d’altro canto è anche interesse delle parti definire e “fissare” le caratteristiche del rapporto.
Solitamente, viene conferito al mediatore un “potere di iniziativa” affinché procuri controparti per la conclusione dell’affare. L’oggetto del potere è poi diverso a seconda del tipo di mediazione, ad esempio:
Il diritto alla provvigione non sorge se le parti non sono state in grado di conoscere, o abbiano ignorato incolpevolmente, l’opera di intermediazione svolta. Ecco perché è onere del mediatore informare le parti (e inserire la relativa clausola nel modulo d’incarico) che le parti hanno l’obbligo di corrispondere la provvigione una volta concluso l’affare. L’eventuale patto tra mediatore e cliente sull’importo della provvigione, ove viene altresì chiarito il momento in cui sorge effettivamente il diritto a percepirla, prende il nome di “accordo di mediazione”.
Non esiste una durata minima o massima dell’incarico da conferire al mediatore, però solitamente nei moduli viene prevista una durata minima legata all’esperienza merceologica o agli usi.
Il mediatore ha tre tipi di obblighi: (1) di legge (es. comunicare alle parti le circostanze a lui note relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, oltre a quelle comunque conoscibili usando la diligenza richiesta ad un operatore professionale, ed oltre all’obbligo di non fornire informazioni non conosciute senza averle controllate, pena la responsabilità per danni); (2) professionali (derivanti dallo specifico campo d’azione); (3)specifici, assunti con l’incarico conferito in esclusiva.
Dal momento che l’incarico viene assunto per iscritto dal mediatore, e dal momento che quest’ultimo conserverà tra i propri documenti, dati ed informazioni inerenti terze parti, egli è obbligato ad acquisire per iscritto il consenso al trattamento dei dati personali come previsto dall’art. 7 del D.lgs. 196/03, pena l’impossibilità di dar corso alla proposta di mediazione.
Di frequente, nell’incarico di mediazione vengono inserite clausole volte a conferire l’ESCLUSIVA al mediatore (l’incaricante si obbliga a non concludere l’affare personalmente o con altri mediatori) o a stabilire l’IRREVOCABILITÀ dell’incarico (l’incaricante rinuncia, per un periodo determinato, al diritto di recedere dall’accordo). Tali clausole, che tutelano il mediatore dal rischio di “lavorare a vuoto”, non possono però limitare la libertà dell’incaricante, ad esempio prevedendo contestualmente l’inammissibilità del recesso ed il rinnovo tacito, o l’obbligo di pagare la provvigione anche in caso di rinuncia a vendere.
Vengono definite vessatorie quelle clausole che (fatta eccezione per quelle che riproducono disposizioni di legge o attuative di principi contenuti in convenzioni internazionali di cui sia parte l’UE) comportano uno squilibrio di diritti a danno del consumatore (nel nostro caso, dell’incaricante, in favore del mediatore). La relativa disciplina (artt. 33 ss. del codice del consumo) è volta ad impedire al professionista di abusare della propria forza contrattuale. Tali clausole, sono “abusive” e pertanto nulle, rimanendo il contratto efficace per il resto. La vessatorietà della clausola non riguarda l’eventuale sproporzione economica delle prestazioni ma lo squilibrio giuridico delle posizioni contrattuali delle parti: spetta al professionista provare che l’assetto contrattuale complessivo è equo. La presunzione di vessatorietà di una clausola ai sensi dell’art. 33 cod. cons. può essere superata in caso di trattativa privata, e comunque, di sostanziale equilibrio dei diritti e obblighi derivanti dal contratto per le parti; sono invece in ogni caso nulle le clausole previste dall’art. 36 cod. cons.: in tal caso il riequilibrio può essere perseguito incrementando gli obblighi del mediatore.
Gli artt. 66 ss. del Codice del Consumo riconoscono al consumatore il diritto al ripensamento nei casi di contratti conclusi fuori dei locali commerciali (per tutelare la parte debole, che venga di fretta spinta a sottoscrivere modelli contrattuali non sufficientemente conosciuti o conoscibili, senza possibilità di negoziazione e di informazione completa). È discusso però se tali disposizioni, che prevedono la possibilità di recedere liberamente dal contratto senza alcuna penale (con le modalità previste nel Codice del Consumo) sia applicabile anche alle ipotesi di mediazione immobiliare, in quanto l’art. 46 cod. cons. esclude dalla disciplina del diritto di recesso i contratti relativi alla vendita di beni immobili. In proposito, la giurisprudenza ha precisato che l’art. 46 cod. cons. non è applicabile alla mediazione immobiliare, in quanto l’oggetto di tale contratto non è propriamente la vendita di un immobile, né la costituzione o il trasferimento di altro diritto reale sullo stesso, bensì solamente l’attività di intermediazione; pertanto, se il mediatore vuole tutelarsi da eventuali ripensamenti dell’incaricante, deve inserire nei propri moduli l’informativa sui termini e le modalità di recesso previste nel Codice del Consumo.
Nei formulari predisposti dalle agenzie viene infine comunemente inserita una clausola penale che prevede, per l’ipotesi di inadempimento da parte dell’incaricante delle proprie obbligazioni, il pagamento di somme molto elevate, spesso pari alla provvigione stabilita in caso di conclusione dell’affare (giurisprudenza costante ritiene che una tale quantificazione sia eccessiva). Talora vengono inserite altresì clausole volte ad assicurare al mediatore l’acquisizione di una somma di denaro a prescindere dalla conclusione dell’affare, e ad eliminare ogni forma di responsabilità per la mancata conclusione dello stesso: in tali ipotesi, come spiegato, si configureranno o meno vessatorie a seconda della natura del bene/servizio oggetto del contratto e avendo riguardo alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione oltre che alle altre clausole previste dall’accordo.
Il foglio di visita è un modello largamente usato dagli agenti immobiliari: si tratta di una dichiarazione pre-confezionata dal mediatore con cui il soggetto interessato all’acquisto dell’immobile, dichiara che in una data specifica, accompagnato dall’agente, ha visionato l’immobile; costituisce una “prova”, nel caso in cui la vendita dell’immobile oggetto della visita si concluda con chi è stato accompagnato a visionare l’immobile. Il mediatore si premunisce così di una prova della propria attività, idonea a far sorgere il diritto alla provvigione in caso della conclusione dell’affare; occorre comunque fare attenzione, perché anche tali moduli possono contenere clausole penali vessatorie.
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avv. Nicola Ferrante
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