Contratto di Agenzia e Lavoro Subordinato

Post on 20 Settembre 2015
by Avv. Nicola Ferrante

Consulenza legale per la redazione di contratti di agenzia

Il contratto di agenzia è considerato un contratto di lavoro autonomo (parasubordinato), in quanto l’agente svolge in favore del preponente un’attività economica esercitata in forma imprenditoriale, organizzata con mezzi propri e assumendosi il relativo rischio, che si manifesta nell’autonomia nella scelta nei tempi e nei modi della stessa, pur nel rispetto delle istruzioni ricevute. L’incarico comprende l’analisi della zona assegnata, l’individuazione dei possibili interessati, la conduzione di trattative, la trasmissione delle proposte e delle controproposte. La conclusione dei contratti è svolta dall’agente solo se il contratto è “con rappresentanza”; se il contratto è senza rappresentanza, invece, l’agente si limita a raccogliere gli ordini della clientela e a trasmetterli al preponente, che procederà alla conclusione dei contratti. In ogni caso, l’agente è legato al preponente, al quale deve fornire le informazioni utili al fine di valutare la convenienza degli affari, da un semplice rapporto di collaborazione.

In tema di attività svolte fuori dall’azienda, pertanto, gli elementi fondamentali che distinguono il rapporto di lavoro subordinato dal rapporto di lavoro autonomo di agenzia, sono costituiti dall’obbligo di visitare quotidianamente le zone stabilite dall’imprenditore, dalla mancanza di un apprezzabile margine di scelta della clientela, dall’itinerario prestabilito dall’imprenditore stesso, dal rischio a carico del datore di lavoro, dalla mancanza di una propria organizzazione e dall’uso di quella del datore di lavoro, nonché dalla prestazione esclusiva, o almeno prevalente, della propria attività lavorativa alle dipendenze dell’imprenditore. Oggetto del rapporto di lavoro subordinato è, in definitiva, la prestazione in regime di subordinazione di energie lavorative il cui risultato rientra esclusivamente nella sfera giuridica dell’imprenditore, che sopporta il rischio dell’attività svolta.

A titolo esemplificativo, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la Corte territoriale avesse correttamente escluso la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato in relazione ad un caso in cui, da un lato, svolgendo l’interessato l’attività di propagandista o promotore per la vendita di apparecchiature didattiche per la scuola e le università, i suoi orari dovevano necessariamente coincidere con quelli di apertura di tali istituzioni e non costituivano un indice decisivo, mentre, dall’altro, il medesimo si era più volte qualificato, nel corso del rapporto, come agente e non come dipendente, il suo contratto era stato stipulato per sostituire un altro precedente agente e non aveva alcun obbligo di giustificare le proprie assenze (cfr. Cass. n. 9696/2009).

Al contrario, è stata qualificata come rapporto di lavoro subordinato pur in presenza di un diverso nome iuris risultante dalla lettera di incarico, l’attività svolta alle dipendenze di una compagnia assicurativa in considerazione di indici quali l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale della compagnia, la soggezione alle direttive dell’Istituto, l’obbligo di rispettare un orario giornaliero di presenza in ufficio e di avvisare in caso di assenza, la predeterminazione dei clienti da visitare e degli itinerari, l’obbligo di partecipare a riunioni per riferire sull’attività svolta, il rimborso delle spese, la copertura assicurativa per malattie e gli assegni familiari (cfr. Cass. n. 9060/2004).

L’obbligo di dare esecuzione alle istruzioni ricevute, nel contratto di agenzia, o alle disposizioni per l’esecuzione del lavoro nel contratto di lavoro subordinato, è sostanzialmente comune ai due rapporti, in quanto lo sviluppo delle tecniche di mercato ha finito col determinare una sempre maggiore ingerenza del preponente sulle modalità di esecuzione della prestazione dell’agente attenuando l’autonomia di quest’ultimo. Sul punto, deve escludersi che l’esistenza di istruzioni e il correlativo obbligo di assecondarle costituisca di per sé un elemento decisivo per la qualificazione del rapporto che riguardi un lavoratore la cui attività si svolga in modo autonomo, come sopra precisato, nei confronti della ditta preponente (cfr. Cass. n. 16603/2009).

Allo stesso modo, l’obbligo di una relazione settimanale e la previsione di un minimo provento mensile non sono di per sé incompatibili con il contratto di agenzia. Inoltre, nello svolgimento del rapporto di agenzia, che come precisato non è snaturato dalla possibilità di direttive e controlli ad opera del preponente, questi può avvalersi anche di una pluralità di agenti organizzati gerarchicamente tra loro, restando tale organizzazione cosa diversa dal vincolo di subordinazione che caratterizza il rapporto di lavoro subordinato.

Ancora, con il rapporto di agenzia non è stata ritenuta incompatibile né la previsione dell’obbligo del preponente di rimborsare talune spese sostenute dall’agente, né la clausola, avente contenuto più ampio della normale clausola di esclusiva, che imponga al lavoratore di prestare la sua opera a favore di un solo preponente, sicché tali elementi, al pari del regime della malattia del lavoratore e della previsione di sanzioni in caso di inosservanza dell’obbligo di informativa, non sono di per sé idonei, in mancanza in particolare dell’assoggettamento del lavoratore a controlli ed ordini specifici dell’imprenditore, a far ritenere la natura subordinata, invece che autonoma, del rapporto.

Nella controversia concernente la natura subordinata o autonoma di un determinato rapporto di lavoro, la previsione contrattuale delle parti circa l’applicabilità, per tutto quanto non espressamente concordato, delle norme del codice civile in materia di contratto di agenzia e delle disposizioni degli accordi collettivi del settore, costituisce elemento di giudizio di non secondaria importanza, la cui valorizzazione non significa attribuire rilevanza decisiva al nomen iuris usato (cioè all’espressa qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato/autonomo), ma tener conto, ai fini della qualificazione giudiziale del rapporto, della concreta disciplina giuridica di esso, voluta dalle parti nell’esercizio della loro autonomia contrattuale. Resta ferma comunque la necessità di verificare sempre, alla stregua delle effettive modalità di svolgimento del rapporto, l’esattezza della qualificazione operata dalle parti.

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